Benvenuti ai pellegrini della parola.....

Parola come emozione, sentimento, ispirazione, sogno, visione, immagine......

Visualizzazioni totali

lunedì 27 aprile 2009



Il tempo                   

 


Qualche volta perdo il filo del tempo

La mia memoria diventa rada

Incalzante

Bizzarra

Come una uggiosa giornata di nebbia in pianura

Si apre per incanto il dominio dei sogni

Delle immagini composte  a mente

Con i pezzi scolpiti nella fantasia

E corro su per il sentiero della storia

Quella dei libri del soppalco

Nascosti nella polvere di decenni

O dei quadri di quella lunga galleria

Figure vestite a festa

Allineate  in ordine di morte  fino alle radici della stirpe  

Sguardi  imbottiti  di arrogante immortalità

All’improvviso il cortile del castello pieno di cavalieri

Costumi colorati

Corazze luccicanti

Odore pungente di tenzone

Pensieri inquieti che si muovono

Sguardi rivolti alla torre e al suo segreto

Prima della grande sfida

Una coppia di falchi si va a posare sulle pannocchie

Lucenti  accatastate nell’aia

È tardi per ritornare ad oggi

A questa pioggia battente di primavera

A questa angoscia  atavica di vivere  il presente

Immersi come siamo in questo perfido e sottile inganno del ricordo

Mi viene di restare insieme ai compagni  di allora

Di andare a vincere questo torneo

Mi viene di insistere in questo improbabile

viaggio nel passato

Con questi cavalieri educati e inquieti

So che sta succedendo qualcosa

So che successe qualcosa

Mi da però l’illusione di credere che sia diversa questa volta la fine

Che sia possibile ricostruire almeno quel giorno  

Indossare le maschere di allora

Rimettere in scena  quegli svaniti protagonisti

E inserirli in quella raccolta di menzogne

Mutando il senso della  sconfitta

Convincendo la folla di adesso che tutto finì diversamente

Non come tramandano quei cronisti disattenti

O quei ritratti immobili

Tutti uguali

 

Qualche volta perdo il filo del tempo

E resto attonito

Incredulo

Posseduto da  quelle storie

Sprofondate nell’abisso dei secoli

Con la meraviglia

E lo stupore

Di un bambino

 

 

 

domenica 19 aprile 2009



Il respiro della terra 


È come se la terra si sottraesse al mio respiro

Pesante impetuoso impaziente

Soffocasse la mia voce

Memorie di antiche e solenni capricci della natura

Un viaggio nelle tenebre di

Abissi senza fine

Mucose della crosta

Illuminate dal primo raggio di sole

Rocce plasmate  dal vento di milioni di anni

Torrenti di anime palpitanti

Morti di tutte le battaglie

Dispersi

Nel cammino struggente della lunga vita

Invocazioni  di vecchie nenie navajo

Preghiere di pietà

Nei meandri infuocati della cattedrale

Lingue di pietra accarezzate dalla luce

Bramiti di cervi impauriti

Riti celebrati in cima alla montagna

Guerrieri infedeli  divorati  dai rospi e dai ramarri

Oltre la traccia dell’arcobaleno

Crepacci di arenaria

Ferite profonde dell’anima  indiana

Mai rimarginate

La vita scorre con la danza della sera

Qualche tocco lento di tamburo

Il segno ardito della speranza  

Spegne  il grido dell’orgoglio

Da lontano solamente

L’eco tenue dell’ultimo canto

Nel  canyon della notte

 

 

 


La veste                      

Dov’è la miseria del nostro tempo

Povera straniera muta

Debole compagna  delle nostre notti insonni

Nelle barche dei migranti

Sulle carrette del mare

Nella schiuma ruggine delle chiglie

Fra i bambini tremanti e senza cibo

Ingoiati dai flutti assassini del maestrale

Il tarlo inesorabile della menzogna

Si insinua nei cervelli malati

Si annida fra  gli inganni di questo nostro secolo

Nelle storie degli antichi flagelli

Nelle grandi carestie

Nelle faglie aperte dagli oceani

Dietro i lampi di luce nelle metropoli

Affollate dei colori di inquiete e vacue  solitudini

Nel  buio tenebroso dei ghetti

Nei rigagnoli maleolenti delle favelas

L’orgoglio dell’uomo ferito dalla spada del benessere

Sussulta  e romba nel cuore   come una campana impazzita

La  lingua è paralizzata dal silenzio

E dalla vergogna

Affrettiamo  questo nostro cammino verso mete  sconosciute

Cancellate  dall’indifferenza

Dietro bandiere intrise di violenza e di sangue

Con  la  preghiera della sera

Recitata con la  nonna  prima di dormire

Abbiamo  dimenticato la pietosa

Solenne cantilena

Delle litanie

Che accompagnava il nostro sonno innocente

Eppure  questa leggera brezza di primavera

Incurante della lontana bufera

Ci porta dal bosco il profumo dei germogli

Nell’azzurro cupo di questa notte piena di stelle

E in qualche angolo del mondo

Sboccia   spavaldo 

Inarrestabile un  desiderio di speranza

Prende vita un  timido anelito di libertà

Cresce l’amore della gente   

Grazie

Dio dell’universo

Grande padre dello spirito

Di  questo segno  

Troveremo insieme  la forza di fermarci

In questa corsa per il sentiero della vita

Di inchinare il nostro sguardo all’oratorio della montagna

Cantare le tue lodi

E spogliarci

Per sempre

Di  questa opaca veste dell’anima 

sabato 11 aprile 2009



Urne bianche 


Difficile dimenticare

Il fragore delle scosse di quella notte

La furia del sisma assassino

L’inferno dell’orchestra dei crolli

Le grida soffocate dai calcinacci

L’angoscia di quegli attimi

L’urlo straziante delle sirene

La minaccia degli sciami

Eppure tutta la città dormiva fiduciosa

Convinta che Dio

Onnipotente

Paziente padre

Della famiglia dell’uomo

Vegliasse su quella faglia malvagia

Una bimba dormiva stretta fra le braccia  consuete

Sicura e protetta dall’amore del suo nido

Ora  giace esanime

Pallida salma rigida di morte

Deposta  in un piccolo cofano bianco

Sulla bara immobile della madre

Allineata come tante

In  una grande piazza attonita

In mezzo ad una folla ancora incredula

Ammutolita  dal dolore

Inchinata nella devozione

Raccolta nella dignità  

Unita nel pianto

Ferita nel corpo e nella mente

Rassegnata  nello spirito

Stremata dall’angoscia

Incalzata dalla paura

Passerà molto tempo

Prima di ricostruire i sacri templi della carità

Di innalzare i campanili della preghiera

Di ricomporre i solenni  archi della fede

Di appendere i crocifissi della speranza  

Prima di trovare una giusta consolazione

Per questa amara sofferenza  

Prima di sbiadire la dolce e crudele immagine

di quei piccoli scrigni bianchi

Verdi virgulti falciati da questa spietata   primavera

Quelle anime bambine

Innocenti

Strappate alla terra e

Volate via

Con il vento di tramontana

Oltre il confine delle nuvole

Nel cielo d’Abruzzo

 

 

lunedì 6 aprile 2009



S        Sorridere                            


È difficile dare un senso  al volto gioioso  dei bimbi

Capire cosa si cela

Dietro quegli occhi sgranati

Pensare  ai sogni  di un virgulto

Che della vita conosce solo il gioco e le luci

Alimentare quel cenno   innocente  d’intesa

Scomparso ormai dalle nostre abitudini

E farlo durare per sempre  oltre i confini del tempo

E le angustie dei nostri piccoli spazi

Insieme alle fronde perenni di boschi inviolati

Disperderlo nell’umanità occupata dall’odio e dall’ingordigia

Come un seme portato dal vento

Farlo sbocciare come un fiore

Nei giardini delle nostre città

Popolate di diffidenza e di paura

Sui volti divorati dall’invidia e dalla malvagità

Farlo vivere come una preghiera

Sui banchi delle chiese del mondo

Nell’oratorio del campo

Dove una volta ci si riuniva tutti a ringraziare Dio

Per la fine della giornata di fatica e

Per l’agognata abbondanza delle messi

Nei mesi del raccolto

Farlo sospirare come un segno celeste

Nell’anima  dei potenti

Intorno ai tavoli dove si disegnano i destini del mondo

Farlo risuonare come  un canto di speranza

In cui tutti si trovano insieme

A celebrare in coro la lode dell’eterno

Perché quel sorriso

Quello sguardo ingenuo di bimbo

Quella grande domanda di pace

Ci accompagni sempre

Nell’euforia della festa

Nei prati  baciati dal sole della collina  

E nei momenti di dolore e di solitudine

Attraverso i sentieri ignoti

Talvolta aspri ed impervi

Di  questo nostro lungo viaggio

Per la vita

 

 



Terremoto in Abruzzo  

Gli uomini lo fanno per il gelo

Per i brividi della  febbre

Per l’avvicinarsi delle tenebre nel bosco

In bilico

Sull’orlo di un abisso

La terra lo fa nel suo viaggio attraverso le galassie

Scuote la fissità delle rocce della crosta

Nella   insistente deriva dei continenti

Dal primordiale  regno della Rodinia  

Poi il continuo cozzo delle falde

Momenti di sconvolgimento

Distruzione  di paesi e città

Che si ripiegano su se stessi

Crollo di campanili sui sagrati increduli delle piazze

Storie di secoli che scompaiono senza tregua

Nella guerra fra placche

Ingoiate dal magma dei vulcani

Nel cuore  della notte

Quassù imprevedibili

Detriti delle case

Orgoglio  della gente

Spettacolo  di desolazione e di morte

Innocenti   

Vittime delle proprie dimore

Come in un gioco bambino

Resta intenso fra le macerie

Il  profumo dei primi fiori di primavera

A coprire nel sole accecante del mattino

L’ odore  acre delle salme

Allineate ai lati della strada principale

L’ostinazione attenta dei soccorritori si mescola  

Al  pianto disperato dei congiunti

E l’eco sommesso di una preghiera

Recitata a bassa voce

La nenia

Di un coro mesto di anime

Ai margini del massacro

Testimonia

Oltre il mormorio della folla

La spavalda sfida dei sopravvissuti

La insistente liturgia del dolore  

E  lontana

Nel mondo

L ’antica e solenne

Processione della speranza

 

domenica 5 aprile 2009


Barboni


Luci assurde disegnate  come fuochi

Dipinte di menzogna

Attorno a cartoni piegati

Sulla morte del marciapiedi

Pilastri di pazzia

Di templi ormai vuoti

Lattine colorate  di pietà

Fra cassonetti allineati come

Vagoni in una stazione

Di periferia

Dov ' é quella musica strana

Che sentivo sempre la sera

Prima di addormentarmi

Quella voce dell'anima

Dov' è la luce dell’alba

Dove sono  gli angeli

Solo torme di  pedoni

Inghiottiti dal metrò

Indifferenti al  vomito 

Gelato della vita

Ai lati della strada

L'altra sera

Tornando a casa

Ho incontrato un altro

Di questi uomini 

Di questi rifiuti

Ubriachi

Puzzolenti

Inutili

Abbandonati

Senzatetto

E ho chiesto a Dio

Di portarlo a dormire

Nei domini inviolati del suo cielo

Un altro

Di questi uomini

Di questi rifiuti                                       

Ubriachi

Puzzolenti

Inutili

Abbandonati

Senzatetto


 


Nidi d’inverno             

Siamo come nidi

Abbandonati sugli alberi d’inverno

Rifugi violati dal gelo della notte

Costruiti in primavera con lo scrupolo dell’amore

Riscaldati dai raggi del sole

Hanno resistito alla sfida del vento

Sui rami piegati dalla tempesta

Simboli eterni della famiglia

Delle orme insistenti  

Di quelli che ci hanno lasciato

Padri madri fratelli

Si affollano nella mente

Case con cancelli e colonne

Dipinti nei viali

Aperti

All’euforia delle feste

Giardini fioriti di desideri  

Dimore  vuote del calore di un tempo

Ragnatele di sentimenti disegnate dal  tratto indelebile

Di una  solitudine immensa

Geometrie intrecciate ai ritmi scoscesi di questa avventura fra la gente

Cenere  di passioni infuocate

Mortificate  dalla perenne angoscia della fine

Polvere  di speranza

Vagabonda sugli aspri  sentieri della vita

Dolci memorie di sogni adolescenti

Queruli  frammenti di favole bambine

Lupi agnelli volpi nei boschi profumati dell’infanzia

Pause indimenticate di umile preghiera

Espressione  di intatta saggezza contadina

Negli oratori della campagna assolata

Davanti al sacro miracolo delle messi

Le ginocchia piegate e lo sguardo

Pieno di riconoscenza

Rivolto  al cielo

Siamo come nidi

Abbandonati sugli alberi d’inverno