
La veste
Dov’è la miseria del nostro tempo
Povera straniera muta
Debole compagna delle nostre notti insonni
Nelle barche dei migranti
Sulle carrette del mare
Nella schiuma ruggine delle chiglie
Fra i bambini tremanti e senza cibo
Ingoiati dai flutti assassini del maestrale
Il tarlo inesorabile della menzogna
Si insinua nei cervelli malati
Si annida fra gli inganni di questo nostro secolo
Nelle storie degli antichi flagelli
Nelle grandi carestie
Nelle faglie aperte dagli oceani
Dietro i lampi di luce nelle metropoli
Affollate dei colori di inquiete e vacue solitudini
Nel buio tenebroso dei ghetti
Nei rigagnoli maleolenti delle favelas
L’orgoglio dell’uomo ferito dalla spada del benessere
Sussulta e romba nel cuore come una campana impazzita
La lingua è paralizzata dal silenzio
E dalla vergogna
Affrettiamo questo nostro cammino verso mete sconosciute
Cancellate dall’indifferenza
Dietro bandiere intrise di violenza e di sangue
Con la preghiera della sera
Recitata con la nonna prima di dormire
Abbiamo dimenticato la pietosa
Solenne cantilena
Delle litanie
Che accompagnava il nostro sonno innocente
Eppure questa leggera brezza di primavera
Incurante della lontana bufera
Ci porta dal bosco il profumo dei germogli
Nell’azzurro cupo di questa notte piena di stelle
E in qualche angolo del mondo
Sboccia spavaldo
Inarrestabile un desiderio di speranza
Prende vita un timido anelito di libertà
Cresce l’amore della gente
Grazie
Dio dell’universo
Grande padre dello spirito
Di questo segno
Troveremo insieme la forza di fermarci
In questa corsa per il sentiero della vita
Di inchinare il nostro sguardo all’oratorio della montagna
Cantare le tue lodi
E spogliarci
Per sempre
Di questa opaca veste dell’anima
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