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domenica 19 aprile 2009


La veste                      

Dov’è la miseria del nostro tempo

Povera straniera muta

Debole compagna  delle nostre notti insonni

Nelle barche dei migranti

Sulle carrette del mare

Nella schiuma ruggine delle chiglie

Fra i bambini tremanti e senza cibo

Ingoiati dai flutti assassini del maestrale

Il tarlo inesorabile della menzogna

Si insinua nei cervelli malati

Si annida fra  gli inganni di questo nostro secolo

Nelle storie degli antichi flagelli

Nelle grandi carestie

Nelle faglie aperte dagli oceani

Dietro i lampi di luce nelle metropoli

Affollate dei colori di inquiete e vacue  solitudini

Nel  buio tenebroso dei ghetti

Nei rigagnoli maleolenti delle favelas

L’orgoglio dell’uomo ferito dalla spada del benessere

Sussulta  e romba nel cuore   come una campana impazzita

La  lingua è paralizzata dal silenzio

E dalla vergogna

Affrettiamo  questo nostro cammino verso mete  sconosciute

Cancellate  dall’indifferenza

Dietro bandiere intrise di violenza e di sangue

Con  la  preghiera della sera

Recitata con la  nonna  prima di dormire

Abbiamo  dimenticato la pietosa

Solenne cantilena

Delle litanie

Che accompagnava il nostro sonno innocente

Eppure  questa leggera brezza di primavera

Incurante della lontana bufera

Ci porta dal bosco il profumo dei germogli

Nell’azzurro cupo di questa notte piena di stelle

E in qualche angolo del mondo

Sboccia   spavaldo 

Inarrestabile un  desiderio di speranza

Prende vita un  timido anelito di libertà

Cresce l’amore della gente   

Grazie

Dio dell’universo

Grande padre dello spirito

Di  questo segno  

Troveremo insieme  la forza di fermarci

In questa corsa per il sentiero della vita

Di inchinare il nostro sguardo all’oratorio della montagna

Cantare le tue lodi

E spogliarci

Per sempre

Di  questa opaca veste dell’anima 

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