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domenica 22 febbraio 2009



Il mio treno                              

di Giorgio Bongiorno (2009)

Sembra sia passato un secolo da quell’afoso  giorno d’estate

Lasciavo la mia gente  per la prima volta

Per quel viaggio  oltre i monti

Carrozze lucide di malinconia

Tante valigie di cartone

Quelle di allora

Ammassate in scompartimenti pieni di speranza

Odori intensi di  paesi lontani

Nelle orecchie  il rumore della battigia

Il grido dei gabbiani

Sguardi tutti uguali

Amari  silenzi che ancora non ho dimenticato

Potevo essere uno fra  loro

Ascoltare le loro storie

Semplici e rudi

Con un groppo in gola

In compagnia di  quell’ interminabile  battere delle traversine

Monotono e triste

Non avrei mai pensato  di incontrarli  

Un mattino nebbioso

Sulla strada prima del ponte

Ad attendere lo stesso piccolo camion verde

Verso il cantiere del castello

In mezzo al bosco

Ritornare insieme poi nel buio della sera

Alla baracca sulla collina

Non c’era scritto sui miei libri

Della camerata chiassosa  

Dei turni per la doccia

Di quel tempo  di fatica

eppure ogni giorno

si ripeteva il rito delle ore  pesanti

una dopo l’altra

nella baustelle senza sosta

la gioia della fine

il riposo della notte

non ricordo di avere mai sognato

solo ore di torpore fuori da questa  vita

al mio ritorno guardavo quei volti

incredibilmente  affranti

quasi senza corpo

in fila per il biglietto alla stazione

rivedevo quello stesso  treno

quella lunga prigione d’acciaio

imbottita di angoscia

e provavo  ancora sulle spalle  il peso di quei mattoni

il freddo di quelle albe

e quei sacchi di cemento

macigni di nostalgia  della mia terra  

lamenti mesti  di violino

che avrei sentito spesso

dopo

nella mia vita

 

 

  

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