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venerdì 11 settembre 2009

La solitudine









Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata una notte fra i rami antichi.
(Cesare Pavese)


La solitudine
Si sente tornando a casa
la sera
Non è dove sono nato
alla casotta
Vicino alla grande ansa del fiume
Fra i pioppi alti
Al confine dei campi
Non è dove sono cresciuto
Fra i ciottoli dietro la cattedrale
Quella lunga discesa con la scuola
La chiesa i compagni di gioco dell’oratorio
Quel campo polveroso
Arena di cento ingenue sfide
Il convento il barbiere il ciclista
Amici tutti scomparsi
Non è il sontuoso palazzo
Fra quelle colonne doriche
dove ho imparato il senso della vita
Anche là una piazza ricamata da ciottoli
Non è nei lontani sentieri
Delle paludi del Danubio
Nell’irrequieto galoppo di quel vivace stallone
Assetato di libertà
O in quel castello scolpito sul lago ghiacciato
Fra i fitti boschi della Baviera
o nello scricchiolio che rompeva il solenne silenzio del disgelo
Ai primi raggi dell’alba
E nemmeno su quelle dune
Rigogliose sulla riva dell’oceano
E’ sempre altrove
Cammina senza indugio come una preghiera
Fino a giungere in cielo
Fra nubi distratte
Indifferenti al dolore di tanti commiati Di tante lacrime disegnate sul viso Dall’umidità gelida della sera
E’ sempre distante
Insieme all’angoscia inviolata
Nel forziere
Dove riposa la preziosa linfa della vita
Oltre la lontana barriera del tempo
Negli antichi cimiteri
Ossa che mi hanno sorretto
Voci ormai sepolte nel rumore sordo di Queste città vuote che non appartengono
A nessuno
Lamenti indistinti
Invocazioni
Vigne allineate
Nella nebbia delle colline d’inverno
fedeli custodi del sangue vivo della terra
Sola compagna di questo viaggio
Bisbigli di cenere
Fuochi senza respiro
Persi nel mesto velo del congedo
Nella estranea confusione di domani
Immagini che sfuggono nella calca
Insieme ai sorrisi invisibili che affollano i marciapiedi
Di una stazione senza nome
Angeli che tornano al loro santo albergo
Lampi nella implacabile tempesta dello spirito
Oasi fiorite di terrena speranza
Nel deserto dell’anima
Brucia ancora la memoria di quella lunga
Insistente carezza
E il sapore immortale di quel bacio
tenero sigillo
mai dimenticato
Prima del sogno bambino
Sovrano e signore
della notte




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