Albatros
È la danza d’amore dell’albatro
Che richiama planando l’indelebile segno
Dell’antica superba chimera dell’uomo
Di aggrapparsi alle salde ali del vento
Sgravato dagli orpelli della carne
Volteggiando
Con la spregiudicata presenza del pensiero
Il sale dello spirito
E il freno atavico della ragione
Si vedono sciami di uccelli chiassosi
Staccarsi dagli scogli remoti di oceani lontani
Librarsi Ingenui e impauriti
Esitanti
Ultimi baluardi di questa tersa immagine
Di libertà che scompare
A poco a poco nei vapori dell’orizzonte
Non ci sono ostacoli nel cielo e nella cornice argentata del mare
Sulla schiuma del ventaglio di onde verso la riva
Nella struggente infuocata geometria del tramonto
C’è un grido distante soffocato da mille altre voci
Eppure arriva fino alle nostre orecchie
Oltre il velo discreto di questa nebbia mattutina
Quasi come la rugiada dei prati
Quante volte abbiamo spiccato quel volo assassino
Quante volte siamo caduti affamati
E ci siamo rialzati soli
In quel cammino arduo ed impervio
Senza mai giungere alla meta
Che pure pareva tanto vicina
Quante volte abbiamo sognato di andare ancora più in alto
Oltre gli angusti confini delle nuvole
E siamo di nuovo caduti
In quella radura densa di trappole d’inferno
Quante volte anche noi ci siamo staccati da terra per vagabondare fra i monti
Accompagnati da una sinfonia di luci accecanti
Dai gorgheggi di un’arpa celeste
Quasi fossero angeli a far vibrare quelle corde
E siamo di nuovo caduti
Relitti abbandonati dall’anima
Qualcuno ha ucciso la nostra speranza
Senza pietà
Senza rispetto
Ci ha perseguitato senza tregua
Ha fiaccato il coraggio sul sentiero della vetta
Eppure spesso ci siamo addormentati nel sogno avvincente
Di piume leggiere
Lasciate a spiegarsi nell’aria limpida
Senza mai trovare un approdo
E siamo rimasti ore in balia della brezza
Ad attendere pazienti il chiarore dell’alba
Liberi di schiamazzare intorno
Di fendere gli austeri silenzi della baia
Fino al tiepido incedere dei primi raggi di sole
Alle scintillanti perle di luce della bonaccia
Quante volte abbiamo lasciato
La sponda inerte del grande fiume
E ci siamo fatti trascinare
Dalla corrente
Come tronchi spezzati
Dall’uragano
Fino allo specchio di pace
Della laguna
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