
Albero caduto di Giorgio Bongiorno (2009)
Forse il peso di tutta quella neve
O gli anni
Tanti ormai trascorsi a combattere solitario il vento d’altura
Il sole cocente e il gelo della notte
Ti hanno fatto cadere
I tuoi rami riversi sul pendio
Accarezzano l’immagine
Del mesto destino degli uomini
Gli aghi ancora verdi di linfa vitale
Colorano
L’ intenso fascino del sogno
L’incantevole fremito del primo amore
La luce radiosa
E l’avvincente avventura dei giorni giovani
Ambiziosi intolleranti
Che nulla poteva parer piegare
La gioia di lunghe cavalcate sui prati
L’intenso profumato sapore dei boschi
E la corsa
Fino allo stremo delle forze
L’arrogante tenzone del volo
Dell’anima
Sospesa fra cielo e terra
I grigi minacciosi nuvoloni della vicina tempesta
Il disprezzo indomito delle passioni
L’orgoglio del successo
La fuga nella fantasia
La sferza della delusione
La sete ancora viva di giustizia
L’anelito della pace
L’arcano mistero della fede
L’inchino antico della preghiera
All ’oratorio del sentiero
La sagoma solenne di un campanile testimonia da lontano
La tacita stremata icona della tua fine
L’aquila veleggia curiosa intorno al profilo austero del monte
Disegna ampie spirali sulle vestigia della tua superba figura
E non crede a quel grande tronco piegato
Alla crudele omicida furia del fulmine
Alla morte del signore della foresta
Solo il sorgere di mille lune falcerà queste tue fronde cadute
E le farà tornare piano alla terra
A incontrare la selva delle radici
Da cui spavalde come bandiere
Una volta
Ogni giorno
Sfidavano altere la brezza insistente del mattino